La responsabilità degli enti per illeciti amministrativi dipendenti da reato non è più una novità nell’ordinamento italiano. Con l’introduzione del d.lgs. 231/2001 il legislatore ha inteso colpire i c.d. corporate crimes, ossia reati commessi nell’ambito dell’attività d’impresa e riferibili non solo alle persone fisiche ma anche all’ente cui la persona fisica appartiene.
Originariamente prevista in relazione a un novero ristretto di fattispecie, il legislatore di anno in anno ha esteso la responsabilità dell’ente a numerosi “reati presupposto”. Di recente, il decreto-legge 26 ottobre 2019 n. 124 (c.d. “decreto fiscale”), convertito con modificazioni dalla legge 19 dicembre 2019 n. 157, nell’ambito di una più vasta modifica della disciplina penale-tributaria, ha introdotto l’art. 25 quinquiesdecies che prevede l’applicazione all’ente di sanzioni amministrative in relazione ad una serie di reati tributari. Da ultimo, nel 2020 – nell’ambito della lotta contro le frodi finanziarie nell’Unione Europea – è stato approvato il decreto attuativo della c.d. Direttiva PIF, che ha introdotto nuove fattispecie all’interno del d.lgs. 231/2001. Attualmente, il catalogo dei reati la cui commissione può comportare la responsabilità amministrativa dell’ente è molto ampio e comprende gran parte dei tipici illeciti d’impresa.
La recente riforma del 2019 ha inoltre innalzato le cornici edittali delle principali fattispecie penali-tributarie e diminuito le soglie di rilevanza penale dell’imposta evasa o degli elementi attivi sottratti all’imposizione. Particolarmente rilevante è poi l’estensione della responsabilità per alcuni reati tributari anche alle società ai sensi del d.lgs. 231/2001: le persone giuridiche potranno quindi essere assoggettate a sanzioni pecuniarie (se non addirittura interdittive) in seguito alla commissione di reati tributari da parte dei loro soggetti apicali.